L’unico atteggiamento criminale fino ad oggi dimostrato, e scritto nero su bianco da una sentenza del Tar del Piemonte, è quello delle istituzioni che hanno preteso una verifica sull’orientamento sessuale di un lavoratore. Ed è un bene che lo Stato ora debba rispondere anche economicamente di questa palese discriminazione, anche se nessuna somma in denaro potrà mai risarcire la sofferenza psichica e fisica patita da chi si è trovato a lavorare in un ambiente ostile. Al di là della vicenda lavorativa e delle contestazioni disciplinari sull’operato dell’agente, chiarite, come prevede la legge, da un procedimento interno al Corpo e finite, come si legge nella sentenza del tribunale amministrativo piemontese in un nulla di fatto, cercare di mettere in connessione l’idoneità lavorativa con l’orientamento sessuale è una inaccettabile violazione del diritto dei lavoratori di qualunque settore. Un “atto arbitrario e privo di un valido supporto giuridico, oltreché tecnico-scientifico” come riporta la stressa sentenza del Tar, un atto che macchia la divisa che portiamo proprio perché arriva da quello Stato che serviamo e che dovrebbe considerarci tutte persone con pari dignità sociale, eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.